Si è concluso con una pioggia di condanne il processo, celebrato con rito abbreviato, nato dall’inchiesta “Codice Interno” della DDA di Bari, sui presunti legami tra mafia, politica e mondo dell’imprenditoria. 103 quelle inflitte complessivamente dal GUP del Tribunale del capoluogo, Giuseppe De Salvatore, con pene comprese tra i 2 anni e 2 mesi e i 14 anni e 8 mesi di reclusione.

La più alta riguarda Radames Parisi e Silvio Sidella, imputati per reati legati alla criminalità organizzata. Condanna a 14 anni per Filippo Mineccia e Tommaso Lovreglio, nipote del boss del rione Japigia Savino Parisi, a sua volta condannato a 11 anni di carcere, assieme all’altro capoclan coinvolto nell’inchiesta, Eugenio Palermiti. 9 e 10 anni di reclusione invece per i rispettivi figli dei due boss, Tommaso Parisi e Giovanni Palermiti.

Era particolarmente attesa la sentenza nei confronti dell’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, personaggio-chiave di questo filone d’indagine, al quale è stata inflitta una condanna a 9 anni di carcere. Arrestato nel febbraio 2024, rispondeva di scambio elettorale politico mafioso. Secondo l’accusa, Olivieri avrebbe comprato i voti di tre clan baresi (Parisi, Strisciuglio e Montani) per favorire l’elezione della moglie Maria Carmen Lorusso in consiglio comunale, in occasione delle comunali del 2019. La donna, coinvolta nella stessa inchiesta assieme al padre, l’oncologo Vito Lorusso, e a processo con rito ordinario, venne effettivamente eletta nelle file del centrodestra, salvo poi passare nella maggioranza di centrosinistra a sostegno dell’allora sindaco Antonio Decaro.

Olivieri è stato condannato anche per l’accusa di tentata estorsione ai danni dell’ex presidente della Banca Popolare di Bari, Gianvito Giannelli. Nei confronti dell’imputato, la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari aveva chiesto 10 anni, senza la concessione delle attenuanti generiche, che invece sono state riconosciute dal giudice. Al momento della lettura del dispositivo, Olivieri non era presente in aula. La difesa ha già annunciato ricorso in appello.

Gli imputati sono stati inoltre condannati al risarcimento danni nei confronti delle parti civili, da liquidarsi in separata sede, oltre al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva in favore del Comune di Bari e della Regione Puglia, quantificata in 200mila euro ciascuna, e al pagamento delle spese processuali.