Due condanne e due assoluzioni. Si è concluso così il processo di appello, celebrato a Bari, per la morte di una neonata, deceduta il 2 maggio 2016 all’ospedale “Di Venere” di Carbonara a causa di un ritardo nel parto cesareo dovuto, secondo l’accusa, ad un litigio tra medici per l’utilizzo della sala operatoria.

I giudici della Corte d’Appello ha in parte ribaltato la sentenza del processo di primo grado, tenutosi nel marzo scorso, con la quale vennero condannati per omicidio colposo, con rito abbreviato, ad un anno di reclusione i ginecologi Vito Partipilo e Carlo Campobasso, e a otto mesi l’anestesista Antonio Simone. Venne assolto, invece, il primario di chirurgia generale Francesco Puglisi.

Una sentenza parzialmente riscritta dalla prima sezione penale della Corte d’Appello di Bari, presieduta da Francesca La Malfa, che ha assolto i due ginecologi per non aver commesso il fatto, confermando invece la sola condanna ad otto mesi di reclusione per l’anestesista. I giudici hanno inoltre riconosciuto la responsabilità civile del Primario, Francesco Puglisi, assolto in primo grado e adesso condannato al risarcimento danni nei confronti dei familiari della bimba, da liquidare in un’altra sede.

Un nuovo capitolo processuale di una vicenda tragica, ricostruita nel corso delle indagini coordinate dalla Procura di Bari. In base a quanto emerso, il giorno del decesso, la preoccupante posizione della bambina nella pancia della madre, una donna coratina, aveva convinto i medici ad anticipare il parto. Tuttavia, tutte le sale operatorie del reparto di Ostetricia del “Di Venere” erano in quel momento occupate. Così gli stessi medici decisero di rivolgersi al vicino reparto di Chirurgia Generale, per eseguire un taglio cesareo con la massima urgenza. Ma anche qui, un nuovo intoppo. Nella stessa sala, infatti, era in programma un altro intervento. Ne seguì un acceso litigio tra i medici dei due reparti, che si contendevano l’utilizzo del lettino operatorio. Una discussione andata avanti a lungo, tanto che la partoriente riuscì ad entrare in sala operatoria solamente un’ora dopo, quando però era ormai troppo tardi. La piccola era già morta per asfissia, a causa del cordone ombelicale stretto intorno al collo.