Nell’ambito degli sviluppi investigativi, coordinati dalla Procura della Repubblica di Bari, che
avevano portato alla scoperta di 511 cittadini rumeni che avrebbero falsamente autocertificato di essere residenti in Italia per ottenere illecitamente il reddito di cittadinanza per oltre 1.100.000 euro, i Finanzieri del Nucleo Operativo Metropolitano di Bari, in data odierna, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo (su disposizione del GIP di Bari), fino alla somma di € 465.123,90, nei confronti di un soggetto esercente l’attività di tabaccheria nonché dell’azienda ivi esercitata, indagato per il reato di riciclaggio ex art. 648 bis del C.P (si tratta di accertamenti attualmente nella fase delle indagini preliminari, che necessitano, pertanto, della successiva verifica processuale in contraddittorio con la difesa).

L’articolata attività investigativa, in materia di spesa pubblica, aveva permesso di individuare un cospicuo numero di soggetti di nazionalità romena che avrebbero richiesto all’Agenzia delle Entrate l’assegnazione del codice fiscale nel corso del biennio 2019/2020, al fine di poter presentare la DSU e ricevere la rispettiva Attestazione ISEE, documenti propedeutici all’effettuazione della richiesta del Reddito di cittadinanza, che avrebbe consentito ai soggetti rumeni di percepire indebitamente il predetto sussidio economico per un ammontare complessivo di oltre € 1.100.000. Nel corso delle indagini veniva altresì individuato un dipendente di un CAF ubicato nel capoluogo barese che avrebbe provveduto ad inoltrare la quasi totalità delle domande per l’ottenimento del beneficio in argomento.

L’ulteriore approfondimento investigativo ha consentito ai militari del Nucleo Operativo
Metropolitano della Guardia di Finanza di Bari di scoprire un soggetto titolare di una tabaccheria di Bari che, attraverso l’esecuzione di operazioni finanziarie fraudolente connesse ad acquisti simulati, avrebbe permesso a 307 dei suddetti cittadini rumeni di monetizzare le somme indebitamente percepite dall’INPS come Reddito di Cittadinanza, ostacolando in tal modo l’identificazione della provenienza delittuosa del profitto illecito, consistente in oltre 465.000 euro.