Conversazione brillante e ricca di aneddoti storici quella tenutasi nel pomeriggio di martedì 28 settembre presso il Teatro Margherita con Alberto Crespi, Oscar Iarussi e Luca Martera che hanno dialogato, nella sezione Cinema e Libri del Bif&st 2021, sul libro-saggio di Martera, Harlem. Il film più censurato di sempre, edito da La Nave di Teseo.

Di Harlem, l’ultimo film di propaganda fascista, con la regia di Carmine Gallone, uscito nelle sale nell’aprile del 1943, da studioso di archivio, Luca Martera, con cura e rigore, nel suo libro, ne fa una ricostruzione storica comprovata da fatti veri e documenti originali. Oscar Iarussi, introducendo l’autore e presentando il volume, lo ha definito “un vero testo di storia del cinema, in relazione alla storia del fascismo e del razzismo in chiave antiebraica e antiamericana. Film liminare, Harlem, in quanto al confine di un’epoca e che, osservato in controluce, in filigrana, grazie all’analisi di Martera, mette in luce il trasformismo italiano che in quel periodo raggiunse dimensioni apicali”.

Lo stesso Martera ha raccontato come è nata l’idea del libro, «da una curiosità, in quanto il finale del film reperibile online non corrispondeva a quello raccontato nelle sinossi, in rete. Così, nelle cineteche, ho cercato il film originale del 1943 e di lì si è aperto un vaso di Pandora. Tre anni di lavoro di investigazione storica e giornalistica per ritrovare materiali inediti. Il contesto storico in questo caso è importante. La propaganda è stato l’aspetto che funzionava meglio del regime fascista».

Non a caso, Alberto Crespi ha definito il testo di Martera, “un libro che scava nelle pieghe della storia”.

Harlem, il film, è la storia di un pugile italoamericano che ne sconfigge uno afroamericano di colore, al fine di stabilire la superiorità della razza. La vicenda è ambienta nel 1935 in una New York interamente ricostruita a Cinecittà. I fatti si ispirano agli eventi reali dell’incontro in quell’anno tra Joe Louis e Primo Carnera.

Alessandro Blasetti fu il primo regista che declinò e passò l’incarico a Gallone che concluse il film. Tra gli sceneggiatori ci furono nomi importanti e il film costò quasi 11 milioni di lire all’epoca e vide impegnati volti noti nel cast.

«Quello che stupisce – ha commentato Iarussi – è che nessuno della critica colse la vera natura razzista del film e che ci furono sempre sfumature di indulgenza anche dagli addetti ai lavori della cosiddetta fascia antifascista postbellica».

«Harlem, al di là del tema, resta comunque un brutto film – ha ammesso Martera -oggi sarebbe una parodia ma all’epoca con la propaganda del regime non poteva essere considerato tale. Oggi andrebbe visto come un documento storico».

Martera ha poi continuato ricostruendo a grandi linee la storia del film e della sua censura: «Dopo l’uscita nel 1943, l’anno successivo, gli americani sequestrano la pellicola. Nel 1946 la pellicola venne tagliata di 31 minuti e 10 minuti di dialoghi furono cambiati. Eliminati i dettagli antisemiti, rimasero quelli anti-neri, addirittura con i dialoghi con i verbi all’infinito, perché agli americani non interessavano le questioni razziai verso le persone di colore. Essenzialmente il film fu ridistribuito con le modifiche perché, secondo la logica ‘follow the money’, bisognava dare conto alla produzione, dato l’elevato costo per la sua realizzazione».

Interessanti nel volume di Martera sono anche le vicende relative alla scelta dell’attore che interpretò il pugile antagonista, Ludovico Longo: figlio di un ufficiale coloniale, atleta di rugby, pugile dilettante per l’Università di Roma, laureato in ingegnere e insegnate matematica.

Aneddoti, ricostruzioni e materiale di archivio fanno del libro di Martera un saggio prezioso per ricostruire una parte della storia del cinema ma anche della storia italiana del regime e non solo. Motivo per cui l’autore sta lavorando, sebbene ancora in fase embrionale, all’idea di un documentario tratto dal suo saggio.