“Ho sparato ma non avevo intenzione di uccidere”: è questa la confessione rilasciata al magistrato inquirente dal killer di Giovanni Colaianni, il 43enne ucciso a colpi di pistola, nella notte tra mercoledì 21 e giovedì 22 giugno, nell’androne del suo palazzo, al civico 98 di via Napoli, a Bari. Per il delitto è stato sottoposto a fermo un giovane di 24 anni, Nicola Amoruso, volto noto alle Forze dell’Ordine. È stato lui stesso a presentarsi presso la caserma dei Carabinieri per raccontare la sua versione dei fatti.

In base a quanto finora ricostruito nell’ambito delle indagini, l’agguato mortale sarebbe nato da un litigio, avvenuto poche ore prima dell’omicidio, tra l’assassino ed il figlio della vittima per un presunto debito di 1.000 euro non pagato.

Tra la mezzanotte e l’una di giovedì, il figlio di Colaianni avrebbe ricevuto una serie di messaggi intimidatori sul telefonino, scritti presumibilmente dal 24enne, da sua madre e da un amico. Le minacce sarebbero arrivate anche attraverso i social network, in particolare sulle chat di Tik Tok e Messenger.

Amoruso avrebbe ammesso di essersi poi recato dalla vittima ma non con l’intenzione di uccidere. Ha raccontato di aver sparato due volte con una pistola calibro 38, a seguito di un “movimento repentino” di Colaianni, colpendolo ad una gamba e all’addome. Una versione che, tuttavia, non convincerebbe appieno il pubblico ministero della Procura di Bari, Desirée Digeronimo.

Il giovane è accusato di omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione e dei futili motivi, oltre che di porto e detenzione di arma comune da sparo. Nel provvedimento a suo carico, viene inoltre evidenziato che, mentre il 24enne era in possesso di una pistola, nessuna arma è stata trovata in possesso della vittima, né all’interno della sua abitazione.