«Tutti gli operatori sanitari che abbiano soggiornato nei Paesi previsti dall’ordinanza ministeriale del 16 luglio 2020 devono essere sottoposti a misure di natura preventiva dopo avere contattato il medico competente». E’ quanto si legge in una disposizione firmata dai responsabili del Sirgil, il Sistema regionale pugliese di gestione integrata della sicurezza sul lavoro.

I Paesi interessati sono Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldova, Oman, Panama, Perù, Repubblica Dominicana, Serbia, Montenegro e Kosovo. La soluzione è stata pensata per proteggere gli ospedali pugliesi da eventuali focolai di Coronavirus, oltre all’uso dei Dpi, il coordinatore regionale del Sirgil, Donato Sivo, e il professore Luigi Vimercati, hanno redatto un documento per la «gestione del protocollo di sorveglianza sanitaria» che riguarda i circa 45mila dipendenti del sistema sanitario regionale che lavorano negli ospedali. In sostanza, i lavoratori della sanità che rientrano al lavoro dopo un periodo di ferie trascorso nelle «aree a rischio» devono essere sottoposti ad accertamenti primi di rientrare in servizio, attraverso il tampone naso-faringeo.

«Le disposizioni – si legge nel documento – non si applicano per viaggi della durata inferiore a 120 ore». In questo modo potranno essere scongiurati rischi di focolai dall’interno, salvaguardando la salute di pazienti ed operatori sanitari.