Un’interminabile standing ovation di tutto il pubblico del Teatro Petruzzelli ha accolto sabato scorso Bernardo Bertolucci, al Bif&st 2018 per l’ultima Masterclass del Festival e per presiedere all’anteprima internazionale della versione restaurata di “Ultimo tango a Parigi”.

Una manifestazione straordinaria di affetto e di ammirazione per il regista che si è ripetuta anche al termine dell’incontro moderato da David Grieco che seguiva la proiezione di uno dei suoi capolavori, “La strategia del ragno”.

«Un film che non si vede da molto tempo – ha esordito Bertolucci – e che realizzai per la televisione ma con un’idea, in realtà, molto cinematografica, tanto che lo girammo a colori, nonostante i televisori nel 1970 fossero ancora tutti in bianco e nero.»

La presenza di Bernardo Bertolucci al Bif&st è legata, tra l’altro, all’anteprima internazionale della versione restaurata di “Ultimo tango a Parigi” da parte del Centro Sperimentale di Cinematografia, con la consulenza di Vittorio Storaro per la fotografia e di Federico Savina per il suono. Il film, la cui prima uscita nel 1972 destò un tale scandalo da provocarne il sequestro e poi la messa al rogo di copie e negativo, tornerà anche nelle sale a partire dal 21 maggio in 120 copie, una parte delle quali nella versione originale che non aveva mai circolato in Italia.

Sulle traversie del film che Bertolucci girò nel 1972 nella capitale francese con Marlon Brando e Maria Schneider, il regista ha detto: «Io, il produttore Alberto Grimaldi e Marlon Brando fummo condannati a due mesi di carcere, che poi non facemmo perché eravamo incensurati. Ma qualche tempo dopo, andando a richiedere il certificato elettorale all’anagrafe, scoprii che tra le pene accessorie c’era anche la sospensione per cinque anni dei diritti civili e che quindi non potevo votare. Questo mi ferì profondamente».

In merito al restauro della pellicola Bertolucci ha dichiarato: «Ne sono stato molto contento, è una copia bellissima, risplendente, solo cosparsa di un piccolo velo che fa un po’ vintage ma che è giusto che abbia dopo tutti questi anni. Dopodiché ho pensato che, se dovessi rifarlo, accorcerei le scene con la Schneider e Jean-Pierre Leaud, in certi momenti forse inutili ma probabilmente dovute al fatto che volevo che il pubblico provasse, qui e là, nostalgia della presenza di Marlon Brando. Ora aspetto il giorno in cui la Cineteca Nazionale, oltre a restaurare i film, sarà in grado di restaurare anche i registi!»

Bertolucci si è poi soffermato sul suo rapporto con gli attori. «Sugli attori non la penso come Hitchcock che diceva di considerarli solo bestiame, anche se penso lo dicesse solo per alimentare il suo mito. Se è bestiame, allora per me è bestiame prezioso! Io devo potere amare qualcuno per potergli andare vicino con la macchina da presa e voglio che, durante le riprese, gli attori partecipino al processo di creatività. Sia nel caso degli attori che delle attrici» – il regista ne ha lanciate tante, come ha ricordato David Grieco, da Dominique Sanda a Liv Tyler e Eva Green alla stessa Maria Schneider . «Capisco subito se vanno bene per me, devono avere in loro quell’aura di mistero e di segreto con i quali poi saranno in grado di dare corpo ai personaggi che sono sulla pagina scritta. Anche per questo non ho mai accettato imposizioni da parte dei produttori sulla scelta del cast, com’è accaduto a Ridley Scott quando ha acconsentito a eliminare le scene di Tutti i soldi del mondo nelle quali recitava Kevin Spacey. Quando l’ho saputo ho mandato un messaggio al montatore Pietro Scalia perché riferisse a Scott che si doveva vergognare. E subito dopo mi è venuta la voglia di fare un film con Kevin Spacey!»

Un altro capolavoro più volte rievocato nel corso della Masterclass da Bernardo Bertolucci è stato L’ultimo imperatore che nel 1988 conquistò ben nove Oscar. «Sono stato molto orgoglioso di aver portato una grande troupe internazionale nell’allora inaccessibile Città Proibita. Il film fu una specie di scommessa, un kolossal con tutti attori pressoché sconosciuti, perlopiù cinesi a parte Peter O’ Toole. La Rai sembrava interessata a produrlo ma poi dissero: ‘ma il pubblico saprà distinguere sul piccolo schermo un cinese da un altro?’. Fortuna che poi il produttore Jeremy Thomas riuscì a trovare i finanziamenti.»

Sulla Notte degli Oscar: «Era tutto straordinario, mi sembrava un luna park. Ricordo anche quando nel mio discorso di ringraziamento equiparai Los Angeles a un grande capezzolo, ‘The Big Nipple’ dissi pensando a come New York fosse definita ’The Big Apple’. Ci fu un silenzio assoluto da parte del pubblico americano, notoriamente puritano. Ma il giorno dopo, mentre ero in taxi, sentii alla radio un disc-jockey che diceva di stare trasmettendo da ‘The Big Nipple’

Sul suo modo di lavorare sul set, Bertolucci ha ricordato quanto gli disse una volta Jean Renoir, di cui è stato un grande ammiratore e che andò a trovare a Los Angeles, quando il grande regista era ottantenne: «Alla fine del nostro incontro mi disse: ‘ricordati di lasciare sempre una porte aperta sul set, perché non si sa mai chi potrebbe entrare’. È proprio questa, secondo me, la bellezza del cinema, lasciare passare uno spiffero della vita vera è qualcosa che aiuta la mia creatività e quella dei miei collaboratori. Quando ho girato per qualche giorno a Hollywood, in occasione di un mio film, mi sono reso conto di quanto gli americani tendano a rispettare sempre lo storyboard. Capisco quanto questo possa aiutare l’efficienza di una produzione ma a me piace non sapere quello che sto facendo».

Nella serata conclusiva del Bif&st 2018, prima della proiezione della versione restaurata di Ultimo tango a Parigi,  Bernardo Bertolucci è stato insignito dell’ultimo Federico Fellini Platinum Award di questa edizione del Festival, ‘per il suo lavoro di intellettuale attento, per la scelta di temi coraggiosi e per aver realizzato un cinema capace di tanta bellezza e intelligenza come quello di pochi autori’.