È stato presentato a Bari il Rapporto Sud di Utilitalia e Svimez, che valuta gli impatti economici e occupazionali del settore delle utility (ambientale, idrico ed energetico) nelle regioni del Mezzogiorno. La dimensione economica delle utility meridionali è quantificabile nel 2,1% del PIL del Mezzogiorno: queste imprese infatti contribuiscono all’attivazione di 10 miliardi di euro di valore aggiunto creando 340.000 unità di lavoro a tempo pieno nel sistema economico italiano. Se consideriamo l’intera filiera strategica “energia e ambiente” e dunque il cosiddetto “indotto”, però, i numeri aumentano: si tratta di 20.000 imprese che realizzano un valore aggiunto totale di 17 miliardi di euro (il 4,2% del PIL dell’area) e un’incidenza pari al 4,9% sull’occupazione totale dell’area. Questa terza edizione, inoltre, contiene un’analisi dettagliata degli impatti relativi agli investimenti finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) al Sud. INTV

Il rapporto Sud sottolinea ancora una volta le storiche criticità che caratterizzano il Mezzogiorno in tema di servizi a rete. Nel settore idrico, per esempio, il Sud sconta un ritardo infrastrutturale rispetto al resto del Paese dovuto soprattutto ad una rete idrica vetusta, mentre nella gestione dei rifiuti si registra una mancanza di impianti strategici per il riciclo e il trattamento dei rifiuti. La gestione dei servizi nelle regioni meridionali è spesso affidata agli enti locali, le cosiddette “gestioni in economia” (al Sud sono 7,7 i milioni di cittadini serviti dagli enti locali) che hanno una scarsa capacità di investimento rispetto alle gestioni industriali (8 € per abitante, contro 56 euro per abitante nel 2021). Per superare alcune di queste criticità, incentivare l’aggregazione e il partenariato tra soggetti industriali è una strategia chiave per massimizzare i vantaggi delle economie di scala e condividere conoscenze specialistiche.