Insistono sul dissequestro del relitto del traghetto Norman Atlantic i difensori dell’armatore, ritenendo che non ci sia più ragione per mantenere i sigilli e sottolineando il pericolo che la nave costituisce per il porto di Bari e per gli utenti del porto. E’ in sintesi quando sostenuto dai legali di Carlo Visentini, gli avvocati Filiberto Palumbo e Pietro Palandri, nell’udienza dinanzi al gip del Tribunale di Bari Alessandra Piliego. I legali sono tornati a chiedere il dissequestro del relitto coinvolto nel naufragio del dicembre 2014 al largo delle coste albanesi dopo un incendio scoppiato a bordo, in cui persero la vita 11 persone (18 ancora dispersi).

La nave, ormeggiata dinanzi al terminal crociere del porto di Bari da febbraio 2015, è sottoposta da tre anni a sequestro probatorio. Secondo i pm che coordinano le indagini, Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano, il relitto deve restare a disposizione dell’autorità giudiziaria perchè potrebbe essere necessario effettuare ulteriori accertamenti tecnici e accessi a bordo anche durante il processo. Sulla base di questo la Procura aveva rigettato la prima istanza di dissequestro, ora impugnata dinanzi al gip. I difensori dell’armatore hanno sottolineato che dopo un incidente probatorio durato due anni che ha accertato le cause del naufragio e con l’imminente chiusura delle indagini non vi sia più motivo per tenere la nave a Bari. Ritengono inoltre che il relitto, esposto a vento e mare e a rischio affondamento, costituisca un pericolo per il porto e i suoi utenti.

L’intenzione della Procura è comunque quella di spostarlo dal terminal crociere a una banchina foranea, tenendolo però sempre a Bari. Il porto starebbe gia’ attrezzando un molo per accogliere il relitto. Il giudice si è riservato di decidere sulla richiesta di dissequestro. Nell’inchiesta, in cui si ipotizzano i reati di cooperazione colposa in naufragio, omicidio plurimo e lesioni, oltre all’armatore e alle due società Visemar, proprietaria della nave, e la greca Anek, noleggiatrice del traghetto, sono indagate altre 15 persone: il comandante, gli amministratori della società Anek e alcuni membri dell’equipaggio.