Un anno di reclusione ed una multa di 90mila euro: è la richiesta di condanna fatta dalla pubblica accusa nei confronti del governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, nel processo celebrato al Tribunale di Torino a conclusione dell’inchiesta sulla campagna elettorale per le primarie per la segreteria nazionale del Partito Democratico, nel 2017.

Stessa richiesta è stata avanzata per l’ex capo di Gabinetto di Emiliano, Claudio Stefanazzi, attuale parlamentare del PD, mentre sono stati invocati 8 mesi di reclusione per gli imprenditori Vito Ladisa di Bari e per il foggiano Giacomo Mescia, in relazione ad alcune somme versate alla società che si occupò della campagna elettorale. “Confido nella giustizia” il commento del presidente pugliese, che ha reso una dichiarazione spontanea nel corso del processo. “Ho 63 anni ed ho sempre cercato di comportarmi bene, sia nelle cose importanti che in quelle meno importanti”.

“Mi sono candidato molte volte – ha detto Emiliano – e ho sempre seguito una regola: a occuparsi della raccolta dei finanziamenti doveva essere l’associazione Piazze d’Italia, che era molto attenta a scegliere gli interlocutori. Per questo non ho mai incontrato nessuno e negoziato alcunché. C’era anche un limite nell’ammontare del finanziamento, una specie di codice etico sovrapposto alle previsioni della legge. La separazione fra l’indirizzo politico della campagna e i profili amministrativi fu netta anche in occasione delle primarie”.