La Guardia di Finanza è tornata negli uffici della Regione Puglia, dove ha effettuato nuove perquisizioni, su disposizione della Procura di Bari, nell’ambito dell’indagine sugli appalti della Protezione Civile regionale.

Il procedimento è quello a carico dell’ex capo della Protezione Civile pugliese Mario Lerario, in carcere dal 23 dicembre scorso, dopo aver intascato presunte tangenti. L’ex dirigente regionale è inoltre indagato per falso ideologico, turbata libertà nella procedura di scelta del contraente, corruzione e turbativa d’asta con riferimento a dodici appalti affidati tra il 2019 e il 2021 ad altrettante ditte, tra i quali quello per l’ospedale Covid nella Fiera del Levante di Bari.

In particolare, si legge nel provvedimento firmato dal procuratore aggiunto Alessio Coccioli,  i finanzieri dovranno acquisire “tutti gli atti e documenti esistenti presso gli uffici della Regione Puglia o degli enti eventualmente da questa incaricati, relativi all’intero procedimento per l’affidamento e l’esecuzione di appalti, dalla fase istruttoria riguardante la selezione del contraente sino all’esecuzione del contratto”.

Di questi appalti, la Procura di Bari ha disposto il sequestro dei documenti riguardanti “progetto tecnico, perizia, computo metrico e preventivi”. Viene inoltre chiesta l’acquisizione della “documentazione attestante l’iscrizione degli operatori selezionati  alla white list delle Prefetture, il verbale di somma urgenza e ogni altro documento attestante la verifica delle criticità ed il fabbisogno delle attività da eseguire”. Sequestrati anche gli atti prodotti dai dirigenti regionali nell’ambito di tali appalti.

Al momento sono due gli imprenditori finiti ai domiciliari, nell’ambito dell’inchiesta: Donato Mottola di Noci e Giovanni Leccese di Foggia, quest’ultimo immortalato da una microcamera nascosta, mentre lascia nell’auto di Lerario una busta contenente 10mila euro in contanti.

Entrambi erano assegnatari di appalti con la Protezione Civile per circa 5 milioni di euro. Interrogati dagli inquirenti, i due indagati hanno confermato di aver consegnato soldi a Lerario, ma non come tangenti legate agli appalti, bensì per un “regalo natalizio” e per un “debito di riconoscenza” nei confronti dell’ex dirigente regionale.