Resta in carcere l’ex capo della Protezione Civile regionale Mario Lerario, finito in manette, il 23 dicembre scorso, su ordine della Procura di Bari, con l’accusa di corruzione. Così ha deciso il gip del Tribunale del capoluogo, Anna Perrelli, al termine dell’udienza di convalida dell’arresto. Contestualmente, il giudice ha anche disposto la misura dei domiciliari nei confronti di due imprenditori, coinvolti nella stessa inchiesta: Ciro Giovanni Leccese di Foggia, e Donato Mottola di Noci.

Il primo, titolare della società “Edil Sella”, è accusato del reato di corruzione il concorso con Lerario per la tangente che è costata l’arresto in flagranza al dirigente della Regione, trovato in possesso di una busta contenente 10mila euro in contanti.

Il secondo è coinvolto in un altro episodio di corruzione, avvenuto il giorno precedente, quando l’imprenditore, titolare della società “Dmeco Engineering”, avrebbe consegnato all’ex funzionario pubblico, una tangente da 20mila euro, nascosta in un pezzo di manzo pregiato.

Entrambi gli indagati, in base a quanto emerso nel corso delle indagini, condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dal Procuratore Roberto Rossi e dal Procuratore aggiunto Alessio Coccioli, erano assegnatari di appalti con la Protezione Civile regionale per oltre 5 milioni di euro. Si tratta di quelli relativi alla realizzazione di container per l’isolamento dei migranti positivi al Covid nel Cara di Borgo Mezzanone, per gli uffici della sede di Foggia del numero unico 112 nell’aeroporto dauno, per l’ospitalità di migranti lavoratori stagionali, sempre nel Foggiano, e anche per l’installazione di strutture prefabbricate mobili di emergenza per pre-triage a supporto delle strutture ospedaliere durante la pandemia.

Lavori che avrebbero garantito a Leccese entrate per 2 milioni e 800mila euro, e a Mottola per quasi 2 milioni e mezzo di euro. Entrambi interrogati dopo l’arresto di Lerario, hanno confessato, spiegando agli inquirenti che il denaro consegnato al dirigente era una loro personale iniziativa per ringraziarlo dell’assegnazione degli appalti.

Dalle intercettazioni telefoniche, cominciate diversi mesi fa nell’ambito di una più ampia indagine della Procura barese sulla realizzazione dell’ospedale Covid alla Fiera del Levante, emerge – come riportano gli atti della Procura – l’esistenza di una fitta rete di rapporti tra Lerario e gli imprenditori coinvolti, caratterizzata dall’asservimento, in cambio di un tornaconto personale, della funzione pubblica del primo agli interessi economici dei secondi.

Nel corso dell’attività investigativa, l’ex capo della Protezione Civile regionale, si sarebbe anche preoccupato di far bonificare il proprio ufficio, dove erano state sistemate cimici audio-video, consapevole di essere intercettato.