Proseguono i controlli della “task force” dedicata al contrasto del fenomeno della intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro su tutto il territorio provinciale. Nella giornata di ieri, i militari hanno arrestato in flagranza di reato S.D., di anni 63, con precedenti nel settore del commercio degli alimenti nocivi, titolare di un’impresa di macellazione e commercio di carni.

Nel corso di preliminari servizi volti ad accertare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro in tutti i settori dell’economia, i militari hanno focalizzato l’attenzione su un’azienda ubicata in provincia, operante nella macellazione di carni. Il sopralluogo è stato effettuato nell’area adibita a mattatoio, ove le attività iniziano solitamente all’alba: sono stati identificati tutti gli operai, addetti con varie funzioni, dalla macellazione.

Fra i dipendenti venivano identificati anche tre cittadini extra-comunitari (un gambiano, un nigeriano e un indiano, tutti regolari sul territorio nazionale), i quali, a differenza degli altri, erano occupati in condizioni di sfruttamento. Assunti da almeno due anni con mansioni di stalliere e addetto al carico/scarico merci, erano impiegati in media 10 ore al giorno, lavorando anche 60 ore settimanali a fronte delle 39 previste dal Contratto Collettivo Nazionale di riferimento. La paga oraria non superava i 2,50 euro circa, una retribuzione palesemente minore rispetto a quanto stabilito dai contratti nazionali (per i quali il compenso si attesta su 10,00 euro all’ora per le stesse mansioni) e tuttavia non adeguato al carico di lavoro svolto. Il superamento del limite massimo di lavoro straordinario settimanale era consueto. Nessuno di essi era stato sottoposto alla prescritta sorveglianza sanitaria, al fine di verificare lo stato di salute in relazione all’impiego: omessa la formazione e informazione in merito ai rischi per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Ognuno dei tre sfruttati dimora in un container di plastica sito all’interno dell’azienda, privo di servizi igienici, che si trovano a notevole distanza. I medici della ASL, giunti in supporto delle operazioni, hanno certificato il degrado igienico di quelle strutture e la mancanza dei requisiti minimi di abitabilità.

Lo stato di bisogno era tale che le vittime avevano accettato di vivere in situazioni di sfruttamento al solo fine di aiutare le rispettive famiglie nei paesi di origine, alle quali inviavano tutto il denaro guadagnato. Nessuno aumento era mai stato chiesto per timore di un licenziamento.

Al termine dell’indagine il titolare è stato arrestato in flagranza di reato con l’accusa di sfruttamento del lavoro e sottoposto agli arresti domiciliari come disposto dalla Autorità Giudiziaria di Bari. Elevate sanzioni amministrative per un totale di 35 mila euro e ammende per un totale di 19 mila euro.