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Terremoto alla Bosch: a rischio 620 lavoratori

Ribaditi gli esuberi, anticipato l'ammortizzatore sociale della solidarietà

Se dovesse cadere innescherebbe un effetto domino dalle conseguenze incalcolabili. L’altro ieri ad un incontro al Mise i rappresentanti dello stabilimento Bosch di Bari hanno ribadito gli oltre 620 esuberi entro il prossimo anno e la richiesta di anticipare l’ammortizzatore sociale della solidarietà.

Al momento nel sito della zona industriale sono impiegati 1.840 lavoratori, per lo più addetti alla produzione di motori diesel, ma la società sta cercando di riconvertire l’attività in ragione della costante riduzione di fatturato registrato negli ultimi anni, dovuta alla significativa contrazione del mercato del diesel. Stando alle stime prospettate, tale tendenza proseguirà nei prossimi anni sino a far registrare, nel 2030, una perdita pari al 90% circa. Il piano di investimento prospettato da Bosch ammonta complessivamente a circa 40 milioni di euro, ma resta il problema degli esuberi.

Davanti alla parola esuberi la Ugl ha già alzato le barricate: «I lavoratori sono stati abbastanza sacrificati – spiega una nota di Ugl Metalmeccanici Bari firmata dal segretario nazionale Antonio Spera ed il segretario provinciale Samantha Partipilo – da un accordo definito “un capolavoro” ma che di lungimirante ha ben poco. Adesso ognuno si assuma le proprie responsabilità e Bosch dichiari una volta per tutte le proprie intenzioni sul sito barese. Che l’azienda presenti un piano industriale concreto, stante anche la disponibilità del Governo e della Regione a cofinanziare un progetto che sia a lungo termine e con zero esuberi».

Altrettanto dura la posizione del segretario generale Uil Puglia, Franco Busto: «Bisogna accelerare i tempi, non ci possiamo permettere di attendere inermi il 2022, quando potrebbe essere già troppo tardi per tutelare i livelli occupazionali di uno stabilimento strategico e importantissimo per l’industria locale e nazionale. I principi contenuti nell’accordo sottoscritto il 12 ottobre 2017 e in quelli precedenti devono essere applicati senza ulteriori indugi, per evitare sanguinosi esuberi, che aggraverebbero una crisi che da queste parti ha già provocato troppi danni nel settore. Alla direzione aziendale chiediamo un piano più concreto e robusto, tale da azzerare gli esuberi entro il 2022, ultimo anno coperto da ammortizzatori sociali».

«Il punto è che gli sforzi dell’azienda per la riconversione non sono sufficienti a colmare le perdite che si stanno avendo sui motori diesel – spiega Saverio Gramegna segretario Cgil Fiom Bari -. È come spalare acqua con un forcone, qualsiasi accelerazione si cerchi di prendere, non si riesce ad andare in pari con quanto si perde. Ci fa piacere registrare l’impegno dell’azienda, ma serve di più. I sindacati continueranno a trattare. Il 3 luglio ci sarà un incontro con i vertici nazionali a Milano, un altro incontro a Bari è da calendarizzare, si punta ad ottenere interventi più strutturati da parte dell’azienda. Vent’anni fa con la produzione della pompa diesel a Bari fu il boom, oggi ci vuole un progetto simile da parte della casa madre, anche come forma di “grazie” per tutte le energie spese in questi anni».

«L’azienda continua a spiegare che il diesel di ultima generazione euro 6 emette fino al 15% di emissioni CO2 in meno rispetto ad un’auto a benzina e che tutt’ora le auto elettriche azzerano il loro impatto ambientale rispetto al diesel solo dopo 90.000 km, ma secondo noi il treno sul diesel è già partito senza un ritorno – sottolinea Donato Pascazio segretario Fim Cisl Bari -. Ora serve altro, di più strutturale, perché oggi gli esuberi sono 620, ma tra un anno potrebbero anche di più».

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