Sulla scena tre croci e due poveri Cristi. È il venerdì di Pasqua, il vinaio Felice e il maestro di scuola elementare Ugo sono i due famosi ladroni protagonisti della sacra rappresentazione organizzata dalla pro loco del paese. Al centro, la croce vuota. I due attendono qualcuno che probabilmente non verrà.
In questa attesa ci passano due vite, le loro ma anche le nostre.

Al teatro polifunzionale di Bari Anche Cinema lo scorso giovedì 12 aprile, Gianni Ciardo e Franco Ferrante hanno portato in scena Croci|L’alba del terzo millennio. Una drammaturgia del regista e commediografo Pietro De Silva rappresentata per la prima volta nel 1994 e riadattata con una vena comica pugliese, con le scenografie di Damiano Pastoressa e le luci di Claudio Procaccio.

Succede così che dall’incontro tra la comicità barese di Ciardo e l’impeto tragico dell’interpretazione d Ferrante nasca un dialogo tra due uomini che incarnano due condizioni agli antipodi. Da una parte il vinaio, un uomo semplice, di fede e risolto e dall’altra Ugo, un uomo di pensiero, disincantato e di una cultura più millantata che realmente attestata.
La finzione della rappresentazione pasquale diventa pretesto per dare il la, quasi inconsapevolmente, a una riflessione sui grandi temi che parte dalla necessità di riempire l’attesa quasi imbarazzante e di conoscersi a vicenda.
Appesi ciascuno alla propria croce, il tempo dell’attesa di questi due uomini diventa un tempo infinito e scomodo. Con l’avvicendarsi di albe e tramonti, a svanire di volta in volta sarà la speranza di poter scendere quando i desideri inizieranno a proiettarsi verso il passato, confondendosi con i ricordi e con i rimpianti.

Crocefissi contro la propria volontà e lontani da tutto e da tutti, i due saranno costretti a fare i conti con la propria condizione con esiti diversi, come differenti sono le loro storie. Da una parte l’accettazione serena del proprio destino, dall’altra una richiesta disperata di aiuto per non restare solo con i propri demoni, in un silenzio che mette paura.

Tra i due, a turno, su quella croce vuota, a salire saranno gli spettatori, spogliati, messi a nudo e con le spalle al muro a guardare in faccia la propria storia, per prendere coscienza della propria condizione, aiutati da una conversazione tra i due protagonisti che, nonostante le ostilità in partenza, diventerà prima conoscenza e poi amicizia.

La tragicomicità di Croci, grazie a due talenti come Gianni Ciardo e Franco Ferrante la cui passione non è quella in scena ma per la scena – forti, differenti ma complementari e ben amalgamati, regala allo spettatore una storia che fa ridere, tanto, pur raccontando una condizione difficile e complessa che non lascia sperare nulla di buono: quella dei due uomini e quella degli uomini. Quasi a voler dire che la vita non è solo affanni ma è anche il bello che succede collateralmente, ai lati della croce vuota, mentre siamo tutti concentrati, nel senso di proiettati al centro di noi stessi e ognuno nel suo piccolo mondo. Mentre a salvarci sarà la bellezza di certi incontri imprevisti e incredibili, se pur disperati.