Nel manuale del sistema di gestione della sicurezza della Norman Atlantic, mancava una valutazione sul rischio di incendio, legato ai motori accesi dei camion presenti a bordo.
È questa una delle conclusioni a cui è giunta la Capitaneria di Porto di Bari (coordinata dalla Procura), nell’ambito delle indagini sull’affondamento del traghetto, avvenuto il 28 dicembre 2014 a largo delle coste albanesi, dopo un incendio scoppiato sulla nave.
Nel disastro persero la vita 12 dei 519 passeggeri, mentre 19 furono i dispersi e 64 i feriti.
A tre anni dalla tragedia è stata depositata l’informativa finale e la Procura barese è vicina a concludere l’inchiesta sul naufragio.
Diciotto attualmente gli indagati (16 persone fisiche e due società), ai quali potrebbero aggiungersene altri, con nuove accuse.
Dagli accertamenti compiuti dagli uomini della Capitaneria, sarebbero emerse infatti alcune negligenze, soprattutto dal punto di vista della sicurezza.
Le fiamme si sarebbero originate da un camion frigo posizionato su uno dei ponti del traghetto. In base all’ipotesi accusatoria, mancando un piano di carico per i mezzi pesanti a bordo (più di cento), questi ultimi sarebbero stati sistemati in maniera approssimativa e, in assenza di prese elettriche, costringendo gli autotrasportatori a lasciare i motori accesi.

Le operazioni di spegnimento del rogo sarebbero poi partite troppo tardi, a causa dell’allarme lanciato solo diversi minuti dopo il primo avvistamento di fumo. Così come delle violazioni si sono registrate anche in merito alle scialuppe di salvataggio presenti sulla nave.
Il relitto, fermo dal febbraio 2015 nel porto di Bari, è ancora sottoposto a sequestro probatorio su ordine della Procura che, agli inizi di dicembre, ha respinto la richiesta di dissequestro presentata dai legali dell’armatore.